Steve McQueen porta sul grande schermo
la storia di Solomon Northup, talentuoso violinista di colore che
vive con la famiglia nella contea di Saratoga a New York. Siamo nel
1841 quando Solomon viene ingannato da due "amici" e
venduto al mercato degli schiavi. Da quel momento inizia l'odissea
che lo porterà da Washington alla Luisiana e che lo vedrà nel ruolo
di schiavo negro sottomesso al proprio padrone. All'inizio della
schiavitù, Northup mostra voglia di vivere piuttosto che
sopravvivere, ma ben presto questa forza verrà sostituita dalla
volontà di tirare avanti, evitare frustate e maltrattamenti. Dopo 12
anni di schiavitù, abusi, orrori subiti, e un tentativo fallito di
inviare una lettera alla sua famiglia, il protagonista incontra Brad
Pitt, nel ruolo di un bianco fermamente contrario alla schiavitù e
alla disparità tra bianchi e neri, che lo aiuterà a raggiungere la
libertà. Appare fin troppo evidente la metafora che vuole il
personaggio interpretato da Brad Pitt come l'uomo del ventunesimo
secolo, cosciente degli errori commessi dai bianchi, sintomo che la
tragedia della schiavitù è ancora sentita dagli americani come una
colpa da espiare.
L'inglese Chiwetel Ejiofor nel ruolo di
Solomon è molto bravo e a tratti riesce ad emozionare lo spettatore
per umanità e capacità di trasmettere sofferenza e disperazione. Da
menzionare anche l'interpretazione di un insuperabile Michael
Fassbender nel ruolo dello schiavista.
Il film di McQueen nel suo complesso è
ottimo, anche se non eccezionale. Il paragone con "Django Unchained" purtroppo non regge. Dispiace dover fare un paragone tra questi, ma nella mente
dello spettatore è un meccanismo automatico. Tarantino riesce ad
imprimere una profondità psicologica ai personaggi che McQueen non
riesce a dare. Nessuno degli uomini e delle donne di "12 anni schiavo" presenta infatti quella ambiguità umana necessaria per fotografare
in modo reale quel dato momento storico. Ambiguità umana ed eccessi
fondamentali per rendere un buonissimo film un capolavoro assoluto.
Fin dall'inizio traspare l'idea manichea del regista, la posizione
dei personaggi, la distinzione tra buoni e cattivi. In Django,
invece, l'enigmatico personaggio di Samuel Jackson, maggiordomo di Di
Caprio a cui non importa assolutamente niente del colore della pelle
ma che offre la sua fedeltà al padrone, è un esempio di questa
ambiguità.
Ciò detto, McQueen dimostra ancora una
volta il proprio talento con scene drammatiche che lasciano lo
spettatore attonito, come la fustigazione di Patsey (interpretata
dalla brava Lupita Nyong'o) e sequenze emozionanti come il canto di
gruppo degli schiavi.
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