Forse il regista di questo film condivide la frase di Pasolini molto più di quanto pensiamo. Abel Ferrara ama stupire e scioccare il pubblico, adora navigare acque turbolente e anche attrarre su di sé le critiche. Le sue pellicole, da sempre, narrano storie di violenza, peccato, redenzione e tradimento. Quando decise di realizzare un lungometraggio su Pier Paolo Pasolini, avrà sicuramente immaginato le difficoltà che avrebbe incontrato nel portare a termine una impresa del genere. Questa volta, però, Ferrara non stupisce. Il film non dà (quasi) per niente l'idea della grandezza dello scrittore e regista bolognese, perché si limita a tracciarne i lineamenti superficiali. Non viene esplorato in profondità l'universo pasoliniano, con il risultato che gli spettatori escono dalla sala cinematografica con un senso di incompiutezza e, se vogliamo, di banalità.
![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg68RH7bA_l7IV6JInRo4y1_gru1h5sSQcQerK3A3CpOaJ3poVTKl2o-bIGkSem1nSI-5ZS3_sMECNGK47D5peh_unjnr33VgwbwLzojrgs4UC3J6XV5-cPU6nilEpwnr9L7Q129oqiM38/s1600/Willem-Dafoe-interpreta-Pasolini-nellomonimo-film-di-abel-Ferrara.jpeg)
Da sottolineare l'incredibile somiglianza tra Willem Dafoe e il protagonista; e degna di nota l'interpretazione dell'attore, chiamato a un compito di certo non facile.
Nessun commento:
Posta un commento