domenica 26 ottobre 2014

"IL NASO" di Nikolaj Gogol'

"Il Naso" di Nikolaj Vasil'evič Gogol' è un piccolo capolavoro scritto nel 1836. Fa parte di una raccolta di racconti ambientati a Pietroburgo. La grandezza di questo breve testo sta nel fatto che Gogol' descrive la vita quotidiana dell'epoca collegandola ad un avvenimento di fantasia. In questo racconto, infatti, si narra la storia di un naso che si stacca dal volto di un uomo, rifiutandosi di tornarci. Il naso, travestito per non farsi riconoscere, gira per le vie di Pietroburgo e soltanto alla fine accetta di consegnarsi al legittimo proprietario. 
Quest'opera può essere interpretata come la volontà di Gogol', e con lui di molti altri scrittori dell'epoca, di ribellarsi all'idea di stampo illuminista secondo la quale tutto ciò che era reale era anche comprensibile. Con la conseguenza che ciò che non rientrava nella sfera della comprensione doveva essere per forza irreale. 
Questo racconto grottesco e umoristico può offrire diversi spunti: ad esempio, il naso che si stacca dal volto può essere inteso come una metafora dell'opera d'arte che si distacca dal suo autore, arrivando ad esserne indipendente e certe volte a superarlo.
Inoltre, Gogol' con questo racconto ha voluto muovere severe critiche alla società russa, incredibilmente gerarchizzata ed estremamente imbrigliata nella burocrazia, e al macchinoso apparato statale. Tanto rigido da permettere ad un naso di diventare un personaggio rispettabile, purché abbia i gradi.
L'autore traccia i lineamenti di una città dove tutto può accadere: grandissima, solenne e imperiale, nelle cui strade ci si poteva imbattere in ogni tipo di soggetto possibile ed immaginabile, teatro di stregonerie e di avvenimenti surreali...quasi avesse un'anima malefica. 

lunedì 13 ottobre 2014

"RADIO DAYS" di Woody Allen

Una parte della critica non considera "Radio Days" tra i massimi capolavori di Woody Allen, ma sbaglia. Il film, datato 1987, è una splendida fotografia della società americana degli anni Trenta e Quaranta ed insieme uno struggente omaggio alla bellezza del mezzo radiofonico. Attraverso la radio, il regista americano racconta piccoli episodi: la giovinezza di Joe, la guerra, i tanti fidanzati della zia, i sogni di gloria di una Mia Farrow in versione venditrice di sigarette e molto altro. 
Il film si compone di quasi duecento parti, che formano un incredibile collage, tanto ironico e divertente quanto malinconico e struggente. Il ricordo ha un ruolo centrale nella pellicola alleniana, tanto che per molti ricorda "Amarcord" di Federico Fellini.
Durante il film vengono contrapposte due realtà diverse: l'illusione che tutto ciò che attiene alla radio sia oro, da una parte, e le difficoltà di vivere in un mondo finto e troppo legato all'apparenza, dall'altro. 
Dopo Manhattan, un altro struggente e delicato atto d'amore nei confronti della sua New York.
Woody Allen, come sempre, riesce a tenerci incollati allo schermo, con scene esilaranti o con frammenti di vita quotidiana ricchi di nostalgia per un tempo che non c'è...e per un mezzo che rischia di scomparire. 
Ennesimo meraviglioso lavoro di un regista che non finisce mai di stupire per la facilità con la quale riesce a toccare lo spettatore...poco meno di novanta minuti di grandissimo Cinema.

martedì 7 ottobre 2014

"PASOLINI" di Abel Ferrara

"Scandalizzare è un diritto. Essere scandalizzati è un piacere"

Forse il regista di questo film condivide la frase di Pasolini molto più di quanto pensiamo. Abel Ferrara ama stupire e scioccare il pubblico, adora navigare acque turbolente e anche attrarre su di sé le critiche. Le sue pellicole, da sempre, narrano storie di violenza, peccato, redenzione e tradimento. Quando decise di realizzare un lungometraggio su Pier Paolo Pasolini, avrà sicuramente immaginato le difficoltà che avrebbe incontrato nel portare a termine una impresa del genere. Questa volta, però, Ferrara non stupisce. Il film non dà (quasi) per niente l'idea della grandezza dello scrittore e regista bolognese, perché si limita a tracciarne i lineamenti superficiali. Non viene esplorato in profondità l'universo pasoliniano, con il risultato che gli spettatori escono dalla sala cinematografica con un senso di incompiutezza e, se vogliamo, di banalità. 
Cosa ha reso Pasolini un grandissimo della cultura italiana e internazionale? Quali tormenti agivano sotto la pelle dell'omosessuale Pier Paolo? Quali erano le sfumature del suo essere? Tutte domande alle quali il regista newyorkese non riesce a rispondere. Troppo facile accennare ad una idea di film e mostrare la morte del protagonista. Troppo riduttivo realizzare una pellicola del genere per rappresentare uno degli uomini più poliedrici del XX Secolo. Se in diversi altri lavori Abel Ferrara ha stupito e convinto, in questa opera viene bocciato. A mio modo di vedere il film è un fallimento, perché viene meno l'obiettivo primario: rappresentare e far conoscere agli spettatori, anche ai più giovani, la tanto controversa quanto produttiva esistenza di Pier Paolo Pasolini.

Da sottolineare l'incredibile somiglianza tra Willem Dafoe e il protagonista; e degna di nota l'interpretazione dell'attore, chiamato a un compito di certo non facile. 

mercoledì 24 settembre 2014

"NON E' UN PAESE PER VECCHI" di Cormac McCarthy

Cormac McCarthy realizza un vero capolavoro: dialoghi serrati, scene che scorrono veloci e coinvolgimento totale. Non si sofferma troppo sulla forma della scrittura, sui fronzoli...va dritto al cuore di ciò che vuole raccontare, senza giri di parole.

"Non è un paese per vecchi" è un libro che, al di là della crudezza e della follia della vicenda, nasconde una morale, la quale si evince attraverso le gesta di Llewelyn Moss, che un giorno si imbatte in una borsa piena zeppa di dollari, Anton Chigurh, killer tanto spietato quanto flemmatico, e Tom Bell, vecchio sceriffo che tenta di salvare il protagonista dall'incredibile guaio in cui si è cacciato. 
Gli avvenimenti dei tre personaggi sono intervallati dal flusso di coscienza dello sceriffo: riflessioni profonde e a tratti commoventi, attraverso le quale riusciamo a capire la morale che Cormac vuole impartire: il passato incide sulle azioni presenti e future di tutti noi più di quanto pensiamo o speriamo. Siamo tutti figli di ciò che abbiamo fatto, vissuto, amato e odiato.

"Tu credi che quando ti svegli la mattina quello che è successo ieri non conta. Invece è l'unica cosa che conta. La tua vita è fatta dei giorni che hai vissuto. Non c'è altro. Magari pensi di poter scappare via e cambiare nome o non so cosa, di ricominciare daccapo. E poi una mattina ti svegli, guardi il soffitto, e indovina chi è la persona sdraiata nel letto?"

Lo scrittore americano, con dialoghi immediati e talvolta molto crudi, fa arrivare al lettore quella che è la sua opinione sul mondo di oggi:  una società dove la violenza è diffusa e ingiustificata...quasi fosse normalità. Una perdita di principi e moralità che non porterà a niente di buono. Il mondo è cambiato talmente in fretta rispetto a quando lo sceriffo era giovane che quest'ultimo non è riuscito ad adattarsi a tali cambiamenti. Non riesce a spiegarsi il perché delle incredibili situazioni alle quali si trova ad assistere...troppo spesso in una situazione di impotenza.

Chigurh è senza dubbio il personaggio più affascinante: psicopatico, calmo, determinato e conciso. Ha i suoi principi e li segue fino alla fine. E' probabilmente l'unico soggetto del libro ad avere una sua morale, seppur discutibile. La sua personalità appare chiara con questa semplice frase: "Io non ho nemici. Non permetto che esistano".

domenica 29 giugno 2014

"SYNECDOCHE, NEW YORK" di Charlie Kaufman

Strano, cervellotico, introspettivo, ambizioso. Il primo lavoro di Charlie Kaufman alla regia è una intensa opera che cerca di scavare nell'interiorità dell'essere umano. 
Al centro della storia c'è Caden Cotard (interpretato da un meraviglioso Philip Seymour Hoffman), regista teatrale che viene lasciato dalla moglie (la quale strappa al marito anche la figlia Olive) e che scopre di essere affetto da una misteriosa malattia. Dopo aver ricevuto la prestigiosa MacArthur fellowship, il protagonista decide di mettere in scena la propria vita, cercando di creare un ritratto il più possibile sincero e fedele alla realtà. Sul set si incroceranno quindi diverse persone, molteplici sentimenti tenuti insieme dalla costante solitudine di Cotard. Il regista, infatti, perde una dopo l'altra la bigliettaia Hazel e l'attrice Claire. In sottofondo sempre presente la morte, la paura ma anche la voglia di morire. In uno spettacolo teatrale, la cui preparazione richiede tutta la vita del protagonista, Kaufman riesce a parlarci dell'incredibile abisso dell'interiore, sottolineando il lento ma inesorabile scorrere del tempo. E' proprio lo scoccare delle lancette che mette fine ad uno spettacolo che, con il passare del tempo e gli scambi di persona, diventa sempre più complesso. Uno spettacolo che nasce per raccontare la vita e che termina soltanto nel momento in cui la morte prende il sopravvento sui personaggi.
Un film da vedere, difficile da capire fino in fondo se non dotati di buona volontà ma sicuramente affascinante nei suoi intrecci narrativi e apprezzabile nelle interpretazioni di Hoffman, Michelle Williams, Catherine Keener e Samantha Morton.

lunedì 12 maggio 2014

Classifica musei più visitati: il Louvre al comando, l'Italia fatica

Non è una novità che a guidare la speciale classifica dei musei più visitati al mondo ci sia ancora una volta il Louvre di Parigi. Nel 2013, il museo francese ha registrato 9,2 milioni di visitatori. Il dato interessante è che neanche una perdita di quasi 500mila visitatori rispetto all'anno precedente è bastata a insidiare la prima posizione. Il secondo museo per numero di visitatori, infatti, è il British Museum di Londra, con 6,7 milioni di tagliandi staccati. A completare il podio c'è il Metropolitan Museum di New York con 6,2 milioni di visitatori.

Qualcuno che non conosce bene il belpaese potrebbe chiedersi: "E l'Italia dov'è?" 
Il nostro paese, come sempre accade quando si parla di cultura, si trova lontana dalle prime posizione, si trova ad arrancare tra investimenti che non ci sono, ritardi, problemi strutturali, corruzione e una programmazione di quella che dovrebbe essere la pubblicizzazione del nostro patrimonio che evidentemente non funziona a dovere. 
Il primo museo italiano che troviamo in questa classifica sono gli Uffizi, con 1,8 milioni di visitatori nel 2013. Nella classifica generale il museo fiorentino si attesta alla ventiseiesima posizione, staccando di 500mila visitatori Palazzo Ducale di Venezia. La top three italiana si chiude con la Galleria Dell'Accademia, anch'essa nel capoluogo toscano, con 1,2 milioni di visitatori.

Londra si impone come vera e propria capitale della cultura per quel che riguarda il 2013. La città inglese piazza ben 4 musei nelle prime 10 posizioni: oltre al già citato British Museum, anche la National Gallery, il Natural History Museum e la Tate Modern.

martedì 6 maggio 2014

"GRAND BUDAPEST HOTEL" di Wes Anderson

Film particolare, veloce e sicuramente eccentrico. Il regista in questa sua ottava fatica dà al lungometraggio un umorismo sottile, che spesso strappa un sorriso allo spettatore. Per due ore si è catapultati in un mondo irreale dove è impossibile non partecipare alle avventure dei protagonisti. Wes Anderson riesce a rendere verosimile anche la scena più assurda, inserendola in un contesto curato nei minimi dettagli, con una perfetta scrittura di dialoghi e un'atmosfera colorata, mix tra vignetta e novella.

Il film può apparire a prima occhiata una parata di stelle messe lì per far scena, invece non è così:  i personaggi e gli elementi si integrano in modo efficace grazie alla maestria del regista texano. Degna di nota l'interpretazione di Ralph Fiennes, personaggio sempre pronto alla battuta e con spiccato senso dell'umorismo.
Il ritmo incalzante dà a chi guarda quasi la sensazione di essere insieme a Monsieur Gustave e Zero.
"Grand Budapest Hotel", però, non è soltanto una commedia: la pellicola attraversa una cinquantina d'anni, mostrando le dittature dell'Est e l'intolleranza del Nazismo.
Per tutti questi motivi, il film non soltanto diverte ma offre anche allo spettatore la possibilità di riflettere sui mali che hanno attanagliato la nostra società.

martedì 15 aprile 2014

Premio Pulitzer 2014

Il più prestigioso riconoscimento giornalistico al mondo, il Premio Pulitzer, è stato assegnato ieri a due colossi dell'editoria, lo statunitense The Washington Post e l'inglese The Guardian, per il lavoro sui documenti rivelati da Edward Snowden sulle attività della NSA. Premiati quindi Bart Gellman per il primo quotidiano e Glenn Greenwald, Laura Poitras e Ewen MacAskill per il secondo.
La scrittrice Donna Tartt
Il giudizio del Pulitzer ricorda molto la commissione che nel lontano 1972 consegnò il premio per l'attività di servizio pubblico al “New York Times” per gli articoli sui Pentagon Papers che svelarono falsità e crudeltà della guerra in Vietnam.
Nella categoria narrativa, invece, l'ambita medaglia d'oro è stata consegnata nelle mani di  Donna Tartt per il romanzo "Il cardellino" (The Goldfinch). 
La scrittrice statunitense iniziò la carriera nel 1992 con la pubblicazione del libro "Il Dio delle illusioni", con il quale la Tartt ha venduto ben cinque milioni di copie. 

giovedì 10 aprile 2014

"QUANDO C'ERA BERLINGUER" di Walter Veltroni

Un uomo vero. Un politico integro, leale, pulito. Questo l'Enrico Berlinguer tratteggiato da Walter Veltroni nel suo film-documentario. Per tutta la durata del film mi sono dimenticato il nome del regista e la sua storia politica. Ciò che traspare dalla pellicola è la voglia (e la mancanza) di un leader capace di catturare i cuori, convincere persone, attirare in piazza folle sognanti attraverso l'uso del carisma umano e politico e dell'integrità. Ciò che più arriva allo spettatore giovane è il senso di speranza che quest'uomo è riuscito ad infondere nell'animo degli elettori del Partito Comunista Italiano. Il regista romano alterna interviste a persone vicine a Berlinguer e scene di repertorio che fanno rivivere (o vivere per la prima volta) il clima politico di quegli anni. Alcuni momenti, come ad esempio il discorso a Padova (l'ultimo) oppure il funerale, sono estremamente toccanti e commoventi. 
A mio modo di vedere è forte il contrasto, specie in alcune scene 'reali', tra l'umanità presente negli occhi di Berlinguer e la vacuità dei personaggi della politica odierna. Veltroni è riuscito a far capire (credo) a tutti quale fosse l'amore per un personaggio che si è impegnato per cambiare il paese. Possiamo considerare "Quando c'era Berlinguer" un atto d'amore nei confronti di chi ha creduto davvero nella Politica...nella buona Politica. Uscendo dalla sala, quindi, rimangono negli occhi e nel cuore la grandezza di quest'uomo (indipendentemente da come la si pensi politicamente) e l'assenza, oggi, di un politico in grado di emulare, anche soltanto in parte, ciò che Berlinguer ha fatto.
Ciò che non mi ha convinto del film è stata l'apertura, l'inutile sottolineatura dell'ignoranza dei giovani italiani e, di fatto, la scarsa centralità dell'educazione scolastica nel nostro paese. Purtroppo conosciamo fin troppo bene i problemi che attanagliano l'Italia e rimarcarli in apertura di documentario credo non abbia dato niente in più al protagonista del lungometraggio. Ho trovato fuori luogo anche il coinvolgimento di Jovanotti, protagonista solo di banalizzazioni e luoghi comuni.
Nel complesso mi sento di fare un plauso a Walter Veltroni per la capacità di trasmettere il suo sentimento nei confronti di Enrico Berlinguer, e di farci capire quanto un personaggio simile manchi alla politica nostrana. L'augurio, adesso, è di tornare a vedere la politica fatta di passione e amore, onestà e moralità...non soltanto al cinema.

Firenze punta sulla Cultura

Quattro elementi che testimoniano come Firenze sia in controtendenza rispetto ad altre zone del nostro paese per quanto riguarda l'investimento sulla Cultura, sullo Spettacolo, sull'Arte.

1_ TEATRO NICCOLINI
L'antico Teatro del Cocomero, rinominato poi Teatro Niccolini, vede la luce in fondo al tunnel. Grazie all'impegno e alla passione di Mauro Pagliai, editore di Polistampa, lo storico teatro situato in via Ricasoli, il prossimo anno riaprirà. A maggio, infatti, dovrebbero partire i cantieri che permetteranno al teatro di tornare in attività, in tempo per il centocinquantesimo anniversario di Firenze capitale.
Il Teatro Niccolini viene costruito nel lontano 1648 ed era praticamente coevo della Pergola. Fino alla fine dell'Ottocento, infatti, la Pergola era il teatro lirico, mentre il Niccolini faceva la prosa. Nel 1995, però, la crisi costringe l'antico teatro a chiudere i battenti. Fino ad ora. 
Nel progetto di Pagliai, c'è l'idea di costruire al piano terra dell'edificio un caffè letterario che potrà essere utilizzato anche da chi non dovesse trattenersi per lo spettacolo teatrale. Al primo piano, invece, una libreria con uno spazio dedicato alla presentazione di libri.
Quello del teatro Niccolini è un progetto importante e ambizioso che cerca di riqualificare un'area, il centro, e un'attività che piano piano stanno perdendo pezzi. 

2_ LA CASA TOSCANA DEL CINEMA
Il Teatro della Compagnia, situato in Via Cavour e progettato da Adolfo Natalini negli anni '80, è un edificio considerato una delle più importanti opere di architettura contemporanea e sta per rinascere in una nuova veste. Il progetto di ristrutturazione dell'edificio lo trasformerà nella Casa toscana del Cinema, spazio destinato ad ospitare un cinema, un teatro e moltissime attività culturali. 
Anche il Teatro della Compagnia, cosi come il sopra citato Teatro Niccolini, ha conosciuto anni difficili, passando dal fallimento del teatro regionale toscano alla gestione Cecchi Gori. Dopo il fallimento di quest'ultimo, lo spazio è stato chiuso e adoperato solo di rado.
La spesa totale del progetto di ristrutturazione e adeguamento supera il milione e duecento mila euro. Da contratto, i lavori dovranno terminare entro 300 giorni, quindi non oltre la fine dell'anno in corso. 

3_ "LA FIGURA DELLA FURIA". LA MOSTRA SU POLLOCK
In Italia non si era mai visto. Jackson Pollock, artista americano scomparso nel 1956, a soli 44 anni, è stato un genio dell'Arte, un rivoluzionario. Il suo action painting consiste nel dipingere con secchiate di colore, senza l'uso del pennello, della tavolozza, del cavalletto. Girando attorno alla tela.
Per la prima volta in Italia l'artista viene omaggiato con una mostra, composta da 16 opere, visitabile a Palazzo Vecchio dal 16 aprile al 27 luglio. Non è un caso che l'esposizione delle sue opere avvenga a Palazzo Vecchio. Proprio in uno dei simboli della nostra città, infatti, è custodita "Il genio della Vittoria", una delle opere più importanti e famose di Michelangelo Buonarroti. La scelta del luogo sembra voler creare un parallelo tra due artisti, indubbiamente diversi ma uguali nella genialità con la quale si approcciavano all'arte.
Di particolare interesse saranno sei importanti disegni prestati eccezionalmente dal Metropolitan Museum di New York e una serie di opere grafiche provenienti dalla Pollock Krasner Foundation.

4_ FORUM UNESCO SULLA CULTURA E SULLE INDUSTRIE CULTURALI A FIRENZE
Il vicesindaco Dario Nardella si è recato ieri a Parigi, nella sede dell'organizzazione delle Nazioni Unite, per discutere i dettagli dell'appuntamento che farà di Firenze il prossimo autunno per tre giorni la capitale mondiale della Cultura.
I precedenti appuntamenti si sono svolti a Monza ma Nardella, già da deputato Pd, sostenne con forza alla Camera l'idea di portare il forum a Firenze. Per l'organizzazione dell'evento sono stati stanziati quattrocentomila euro. Un appuntamento che ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, sottolinea l'importanza che la nostra città dà alla Cultura. Un appuntamento che Firenze non può fallire.

lunedì 17 marzo 2014

"LEI" di Spike Jonze

"Lei" (traduzione italiana di "Her") tratta la storia di Theodore Twombly, uomo chiuso in se stesso dopo la separazione con la moglie Catherine (Rooney Mara), che riscopre il sentimento e la gioia di vivere grazie alla tecnologia. 
Joaquin Phoenix in una scena del film "Lei"
La storia è ambientata in una Los Angeles di qualche anno avanti nel tempo, dove la tecnologia ha fatto dei passi notevoli al punto che sono stati inventati dei sistemi operativi, OS, in grado di simulare una persona vera, di provare amore, dolcezza, rabbia, di dimostrare simpatia, intelligenza. Insomma, una vera personalità.
L'OS di Theodore si chiama Samantha (voce originale di Scarlett Johansson) ed è capace di portar fuori il protagonista dalla solitudine e dalla malinconia che una vita senza amore trasmette. 
Spike Jonze nel film supera la dicotomia tra uomo e macchina, considerando la tecnologia non come un ostacolo ma come un mezzo per raggiungere qualcosa, in questo caso un nuovo sentimento. Theodore, infatti, si trova nell'incapacità di creare un rapporto vero con persone reali e si immerge in questa implausibile esperienza amorosa, uguale in tutto e per tutto all'amore reale, fatta eccezione per il contatto fisico e visivo. 
Il regista e sceneggiatore statunitense è bravo a raccontare una storia d'amore uscendo dai canoni e dalla banalità che la trattazione di un tema così classico e dibattuto nell'arte può indurre. Viviamo in un'epoca in cui tutto è stato fatto e rifatto, in cui l'originalità appartiene soltanto ai grandi: Spike Jonze, con questo lungometraggio, dà prova di essere un brillante regista, dimostrandosi originale e non scontato.
Questo film ci vuole insegnare che l'amore, quello vero, colpisce all'improvviso, coglie impreparati, e quando arriva difficilmente siamo in grado di rimanere indifferenti. Anche se si tratta di un sistema operativo. 
"Lei" trasmette la necessità di conoscere se stessi per poter vivere un sentimento a pieno, per poter perdonare e perdonarsi (come succede alla fine del film con l'ex moglie). 
Bellissimo e struggente film che fa riflettere sul fatto che il cinema, certe volte, più che guardato con gli occhi va ascoltato. E' un aspetto da non sottovalutare nell'era dei grandi effetti speciali.
Un plauso a parte è riservato al superbo Joaquin Phoenix che è quasi sempre in primo piano, da solo, a dar corpo a quelle emozioni che nascono e vivono nel più profondo dell'animo. 

lunedì 3 marzo 2014

OSCAR 2014: Vince Sorrentino con "La grande bellezza"

Toni Servillo in una scena del film "La grande bellezza"
La grande attesa è finalmente terminata. E nel miglior modo possibile. "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino conquista l'Oscar come miglior film straniero dopo ben 15 anni dall'ultima volta. Era il 1999 quando Roberto Benigni con "La vita è bella" sali sul palco per stringere tra le mani l'ambita statuetta. Oggi un altro italiano compie nuovamente l'impresa. Accanto a Sorrentino al momento della consegna del premio, anche Toni Servillo e il produttore Nicola Giuliano. Il regista napoletano si è detto felice e molto emozionato, ha ringraziato Academy, attori e produttori prima di citare le sue fonti di ispirazioni: Federico Fellini, Martin Scorsese e Maradona, "quattro campioni che mi hanno insegnato cosa vuol dire fare un grande spettacolo".


La notte degli Oscar però non si è fermata qui.
Al Dolby Theatre di Los Angeles a festeggiare è soprattutto "12 anni schiavo" di Steve McQueen, premiato come miglior film. Il regista britannico è il primo nero a vincere in questa categoria.
Una scena del film "12 anni schiavo"
Film pluripremiato è stato "Gravity", con il quale Alfonso Cuarón si aggiudica la statuetta per la miglior regia.
L'Oscar per la miglior sceneggiatura originale è andato al film "Her" di  Spike Jonze.
Tra i film d'animazione vince invece "Frozen - Il regno di ghiaccio" della Disney.
Tra gli attori, vengono premiati: Matthew McConaughey, Oscar come miglior attore protagonista per Dallas Buyers Club; Cate Blanchett, Oscar come miglior attrice protagonista in Blue Jasmine di Woody Allen; Jared Leto come miglior attore non protagonista per Dallas Buyers Club, ed infine Lupita Nyong'o come miglior attrice non protagonista in 12 anni schiavo. Proprio Lupita Nyong'o, al momento della premiazione, lancia un bel messaggio: "Questa statuetta è un simbolo, per ogni bambino: significa che non conta da dove vieni. I sogni si possono avverare".

Non tutti però sono rimasti soddisfatti dalla premiazione:
Tra i grandi delusi troviamo senza dubbio "American Hustle - L'apparenza inganna" del regista David O. Russell, candidato a 10 statuette ma tornato a casa a mani vuote. 
Leonardo Di Caprio in "The Wolf of Wall Street"
Anche Leonardo Di Caprio, nonostante la grande interpretazione in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, rimane a bocca asciutta e non riesce ad interrompere la tradizione che non lo ha mai visto premiato come miglior attore (ben quattro le nomination ma zero i premi). Sono infatti ben 4 le candidature che Di Caprio ha ricevuto in un paio di decenni di carriera ( nel 1993 per "Buon compleanno Mr Grape", nel 2005 per "The Aviator", nel 2007 per "Blood Diamond" e quest'anno) ma ben zero le vittorie.

giovedì 27 febbraio 2014

"SAVING MR. BANKS" di John Lee Hancock

"Saving Mr Banks" narra le vicende che hanno portato Mary Poppins, personaggio uscito dalla mente di Pamela Lyndon Travers (al secolo Helen Lyndon Goff), sul grande schermo. Il film ripercorre l'incontro-scontro tra l'autrice e Walt Disney, l'una intenzionata a non cedere i diritti se non alle sue rigide condizioni, l'altro disposto a tutto (anche ad insistere per vent'anni) pur di mantenere una promessa fatta alle figlie.
Il regista  John Lee Hancock è bravo a far entrare lo spettatore nella diatriba verbale esistente tra i due personaggi, senza però scadere nell'eccesso. Pamela Travers, attraverso la trasposizione del romanzo in film, rivive passo dopo passo la sua infanzia, segnata dalla scomparsa prematura del padre. Proprio attorno al padre, per certi versi sognatore come Disney, ruota il romanzo e gli avvenimenti che portano la scrittrice a collaborare alla realizzazione della pellicola. Il tema cardine del film è l'esigenza della protagonista, ma in parte di tutti noi, di anestetizzare il dolore di un passato altrimenti difficilmente sopportabile; la necessità di rendere più bella un'immagine che per anni ha turbato i suoi sogni, spingendola a rifugiarsi nell'immaginazione.
Pamela Travers attraverso la scrittura ricostruisce la sua famiglia, invocando l'aiuto di una figura (Mary Poppins, appunto) in grado di sostituirsi alla madre, troppo fragile, e salvare Robert Travers (interpretato da un ottimo Colin Farrell) dalla morte.
Hancock, assieme alla superba interpretazione di Tom Hanks ed Emma Thompson, ci regala una pellicola capace di farci sognare ed emozionare, soprattutto con un sentimentalismo finale gradevole e delicato.
Credo che per capire fino in fondo il film e la storia celata dietro questo storico personaggio occorra leggere il romanzo di Miss Travers, lasciandosi cullare dalla sua meravigliosa fantasia, quale grande eredità lasciatale dal padre.  

lunedì 24 febbraio 2014

"12 ANNI SCHIAVO" di Steve McQueen

Steve McQueen porta sul grande schermo la storia di Solomon Northup, talentuoso violinista di colore che vive con la famiglia nella contea di Saratoga a New York. Siamo nel 1841 quando Solomon viene ingannato da due "amici" e venduto al mercato degli schiavi. Da quel momento inizia l'odissea che lo porterà da Washington alla Luisiana e che lo vedrà nel ruolo di schiavo negro sottomesso al proprio padrone. All'inizio della schiavitù, Northup mostra voglia di vivere piuttosto che sopravvivere, ma ben presto questa forza verrà sostituita dalla volontà di tirare avanti, evitare frustate e maltrattamenti. Dopo 12 anni di schiavitù, abusi, orrori subiti, e un tentativo fallito di inviare una lettera alla sua famiglia, il protagonista incontra Brad Pitt, nel ruolo di un bianco fermamente contrario alla schiavitù e alla disparità tra bianchi e neri, che lo aiuterà a raggiungere la libertà. Appare fin troppo evidente la metafora che vuole il personaggio interpretato da Brad Pitt come l'uomo del ventunesimo secolo, cosciente degli errori commessi dai bianchi, sintomo che la tragedia della schiavitù è ancora sentita dagli americani come una colpa da espiare.
L'inglese Chiwetel Ejiofor nel ruolo di Solomon è molto bravo e a tratti riesce ad emozionare lo spettatore per umanità e capacità di trasmettere sofferenza e disperazione. Da menzionare anche l'interpretazione di un insuperabile Michael Fassbender nel ruolo dello schiavista.

Il film di McQueen nel suo complesso è ottimo, anche se non eccezionale. Il paragone con "Django Unchained" purtroppo non regge. Dispiace dover fare un paragone tra questi, ma nella mente dello spettatore è un meccanismo automatico. Tarantino riesce ad imprimere una profondità psicologica ai personaggi che McQueen non riesce a dare. Nessuno degli uomini e delle donne di "12 anni schiavo" presenta infatti quella ambiguità umana necessaria per fotografare in modo reale quel dato momento storico. Ambiguità umana ed eccessi fondamentali per rendere un buonissimo film un capolavoro assoluto. Fin dall'inizio traspare l'idea manichea del regista, la posizione dei personaggi, la distinzione tra buoni e cattivi. In Django, invece, l'enigmatico personaggio di Samuel Jackson, maggiordomo di Di Caprio a cui non importa assolutamente niente del colore della pelle ma che offre la sua fedeltà al padrone, è un esempio di questa ambiguità.
Ciò detto, McQueen dimostra ancora una volta il proprio talento con scene drammatiche che lasciano lo spettatore attonito, come la fustigazione di Patsey (interpretata dalla brava Lupita Nyong'o) e sequenze emozionanti come il canto di gruppo degli schiavi.     

venerdì 21 febbraio 2014

Al Teatro della Pergola: "NON E' VERO MA CI CREDO"

In questi giorni al Teatro della Pergola di Firenze si sta tenendo uno spettacolo da non perdere. In scena, sotto la regia di Michele Mirabella, c'è la commedia di Peppino De Filippo "Non è vero ma ci credo".
Sebastiano Lo Monaco e Lelia Mangano De Filippo
L'ultima interpretazione alla Pergola di Peppino De Filippo fu nel 1978 proprio con la commedia sopra citata, considerata il suo capolavoro comico. "Non è vero ma ci credo" andò in scena nel 1942 ed ottenne un cosi grande successo che a distanza di dieci anni fu deciso di farne un film, diretto da Grieco.
Sul palcoscenico accanto a Peppino nel 1978, due attori che ritroviamo ancora oggi: Lelia Mangano De Filippo, sua moglie nella vita e nella commedia, e Antonio De Rosa, nel ruolo di Alberto Sammaria. Oggi, il ruolo del protagonista è interpretato da Sebastiano Lo Monaco.

La storia, nota ai più, tratta le vicende del commendatore Gervasio Savastano, il quale ritiene essere perseguitato dalla sfortuna. L'intera opera ruota attorno al concetto di superstizione. 
Gli affari del commendatore non vanno bene e la colpa ricade su un suo impiegato, Belisario, accusato di portare iella. Anche in famiglia ci sono dei problemi, in quanto l'unica figlia del protagonista è innamorata di un giovane impiegato non ritenuto da Gervasio alla sua altezza.
Le cose prendono un'altra piega nel momento in cui in azienda arriva un giovanotto, Alberto Sammaria, che viene fatto diventare amuleto portafortuna del commendatore. Il giovane ha una caratteristica fisica che non lascia molti dubbi nella mente di Gervasio: la gobba.
Gli affari riprendono a gonfie vele, la ruota della fortuna sembra girare finalmente dalla parte del protagonista, finché Sammaria non confessa di essere innamorato di Rosina, la figlia del commendatore. Lo Monaco allora si trova di fronte ad un bivio: convincere la figlia a sposare il fortunato impiegato oppure dire addio alla presenza del giovane gobbo e perdere cosi i benefici da questa derivanti?

Dopo un'iniziale opposizione di Rosina, Gervasio riesce a convincere la figlia ad accettare Alberto e i due convolano a nozze. I giorni che precedono il matrimonio non sono tranquilli per il commendatore: strani ed inquietanti sogni disturbano le notti del protagonista, con l'incubo di avere nipotini ereditari del difetto fisico di Sammaria.
Il commendatore allora è sul punto di annullare le nozze quando scopre, con sua e nostra sorpresa, che è stato raggirato...

Lo spettacolo è messo molto bene in scena da Mirabella, gli attori sono bravi e l'atmosfera del Teatro fiorentino gioca un ruolo importante nel far assaporare ancor di più al pubblico la bellezza di questa forma d'arte. Da sottolineare che la differenza la fa un grande Sebastiano Lo Monaco, capace di far ridere e sorridere in ogni momento, con le sue movenze e convinzioni, con il suo dialetto e le sue stravaganze. Davvero un artista a tutto tondo, in grado di attrarre a sé l'attenzione del pubblico dall'inizio alla fine.
"Non è vero ma ci credo" andrà in scena fino a domenica 23 febbraio, consiglio a tutti i fiorentini appassionati di teatro di non perdersi questo bello spettacolo.

lunedì 3 febbraio 2014

Lutto nel mondo del cinema: scomparso Philip Seymour Hoffman


E' morto ieri, all'età di 46 anni, l'attore e regista statunitense Philip Seymour Hoffman. Il mondo del cinema piange la sua scomparsa.  Hoffman è stato trovato morto nel suo appartamento di New York, nel quartiere di Manhattan, probabilmente a causa di una overdose di eroina. L'attore, secondo alcuni fonti, sarebbe stato ritrovato con la siringa ed il laccio emostatico ancora nel braccio. 

Nella sua grande carriera, ha girato quasi 60 film, lavorando con registi del calibro dei fratelli Coen, Paul Thomas Anderson e Bennett Miller. 
Nel 2005 ha vinto l'Oscar come miglior attore protagonista grazie alla sua interpretazione dello scrittore Truman Capote in "Capote". Inoltre ha ricevuto tre candidature all'Oscar come miglior attore non protagonista, nonché tre nomination al Tony Award per il suo lavoro in teatro.
Tra i film in cui Hoffman ha recitato ricordiamo: Il grande Lebowski, Happiness, Boogie nights, Magnolia e molti altri ancora.

venerdì 24 gennaio 2014

"THE BUTLER" di Lee Daniels

Il film tratta la storia di Cecil Gaines che, dopo aver visto morire il padre in un campo di cotone, diventa un domestico. Il ragazzo impara col tempo il mestiere, svolgendo le mansioni senza far percepire la sua presenza nella stanza. Cecil diventa talmente bravo e stimato da divenire uno dei tanti maggiordomi della Casa Bianca. Attraverso le vicende lavorative e familiari del protagonista, il regista Lee Daniels vuole mostrarci una fotografia degli Stati Uniti d'America, ripercorrendo alcune delle tappe più importanti e significative del paese: dalla guerra del Vietnam, all'assassinio di J.F. Kennedy e Martin Luther King, dai movimenti dei Freedom Riders e delle Black Panther, allo scandalo Watergate.
Il ruolo di Cecil Gaines è interpretato dall'ottimo Forest Whitaker, a tratti capace di emozionare, anche nel rapporto con il figlio maggiore, che lo vede come un semplice servo incapace di ribellarsi al potere del governo americano. Soltanto alla fine del film, dopo il passaggio di 7 presidenti, Cecil prenderà coscienza dei propri diritti, dimettendosi e schierandosi a fianco del figlio e di un sogno chiamato Barack Obama. 

Oltre al già citato Whitaker, nel cast anche Oprah Winfrey nel ruolo della moglie di Cecil, Lenny Kravitz e Mariah Carey.